Donna politica guatemalteca. Appartenente a una famiglia contadina dell'etnia
Quiché, dalla seconda metà degli anni Settanta iniziò a
dedicarsi alla politica attiva. La sua azione fu indirizzata alla tutela della
propria comunità, minacciata dai tentativi di espropriazione della terra
da parte dei grandi proprietari terrieri e dalla repressione militare. Divenuta
membro della direzione dell'organizzazione clandestina CUC (Comitato di
unità contadina), in seguito agli omicidi del fratello (1979), del padre
(1980) e della madre (1980) compiuti dall'esercito, si rifugiò in
Messico. Dall'esilio, continuò a dedicarsi alla lotta per il
riconoscimento dei diritti alla terra e all'identità culturale degli
indios guatemaltechi: oltre a tenere conferenze per sensibilizzare l'opinione
pubblica, collaborò alla preparazione della Dichiarazione universale dei
diritti dei popoli indigeni promossa dall'ONU e scrisse un'autobiografia
Mi
chiamo Rigoberta Menchú. Fra le opere successive,
Rigoberta: i
maya e il mondo (1999). Nel 1992 le fu assegnato il premio Nobel per la pace
(n. San Miguel de Uspantán, Quiché 1959).